lunedì, febbraio 20, 2006

le scarpe nuove

-C'è qualcosa che non mi convince in quelle scarpe- disse Anna a suo figlio. Il bambino guardò in basso, verso i suoi piedi. Mosse il destro, prima a destra e poi a sinista e tornò nuovamente sul volto di sua madre.
-Perchè? Sono bellissime!-
-Ma Hanno i lacci... Poi le tieni sempre slacciate perchè non vuoi imparare a fare il nodo.-
-Come facco ad imparare se non mi insegni?- Mugolò in tono lamentoso, cercando di impietosire la madre.
Erano usciti assieme quel giorno. Fuori c'era un bel sole primaverile che illuminava tutta la città. Avevano deciso di fare un giro al parco, ma le scarpe del bambino erano tutte rovinate e sua madre aveva tanto insistito per trovarne di nuove, così si erano infilati nel primo negozio di calzature che avevano trovato. Era sempre difficile trovare qualcosa che piacesse ad entrambi. Lei voleva trovare qualcosa che stesse all'interno di certi canoni, soprattutto di prezzo; in quel periodo i soldi non erano mai abbastanza e con il lavoro non andava benissimo, così si era ritrovata a dover tirare un po' la cinghia su ogni cosa.
-E poi le scarpe con gli strappi non mi piacciono più, sono da bambini!-
-Ma amore, hai sei anni, tu sei un bambino.-
-Vabbè, ma gli altri a scuola hanno tutti i lacci.-
-Ah va bene, ma poi non chiedermi ogni volta di legartele perchè non sei capace.- Disse tirando un sospiro.
-Grazie!- Ora l'aveva reso felice. E quel tenero faccino così allegro e spensierato le stringeva ogni volta il cuore e vederlo così sereno rendeva felice anche lei.
Pagarono e uscirono per andare al parco. Il bimbo aveva indossato subito le scarpe nuove: erano bianche ai lati, con la suola blu e una fascia centrale gialla. Le vestiva con un certo orgoglio, quasi fossero ricoperte d'oro e dentro di sè non vedeva l'ora di poterle mostrare ai suoi amici.
Fecero un giro nel verde e poi si misero a giocare con la palla per un po', finchè il bimbo non trovò degli amichetti e lei si sedette su una panchina a guardarli. Stare ad osservarli le faceva tornare alla mente quando anche lei, piccola e spensierata, con le trecce e i vestitini giocava con gli altri bambini. Quando si girava verso sua madre lei era sempre lì a fissarla e a sorridere. La faceva sentire protetta e ora sperava che anche per suo figlio fosse così.
Le altre mamme erano ricche, si atteggiavano da grandi signore attorno a lei, disperandosi ogni volta che la loro prole cadeva:
-Attento Marco- oppure -Non correre Giovanna, rischi di farti male.-
-Ma come si fa a dire di non correre ad un bambino?- Si domandava Anna, -E' come chiedere al sole di non splendere o ai fiumi di arrestarsi!-
Le altre mamme erano così, iperprotettive e ansiose. Per loro non era naturale che i loro figli avessero tanta voglia di correre, saltare o giocare. Preferivano vederli assorti ed immobili davanti alla televisione, come tanti piccoli zombi costretti ad ingurgitare spazzatura.
Verso le sei il sole cominciò piano piano a calare, gli amichetti e le madri erano fuggiti per paura di esser sorpresi dal freddo e dal buio; -Veloce Nicola che tra un po' cala il sole e sei tutto sudato: rischi di prenderti la polmonite!- Aveva detto una di loro.
Li avevano portati via uno ad uno interrompendo quel lieto momento e sul viso dei bimbi si poteva leggere tutta la delusione per la prematura fine dei loro gochi, a casa poi li avrebbe attesi una calda e odiata minestrina. Ma Anna aveva in programma di far mangiare a Claudio, suo figlio, la pizza: lui la adorava. La adorava così tanto che già da quando aveva tre anni se ne divorava una intera tutta da solo.
In pizzeria ordinarono una margherita per lei e una diavola per lui da portare via.
-Sono soldi buttati.- Pensò, ma poi guardando negli occhi il suo bambino rivide quella gioia che cancellava ogni dubbio.
Claudio fece un giro tra i tavoli guardando gli avventori di quel locale rustico. Qua e là famigliole e coppiette consumavano il loro pasto con aria soddisfatta circondati da spighe di grano appese con un fiocco rosso alle pareti rivestite di legno e fiori luminosi posti in dei lunghi e colorati vasi di porcellana. Il bancone era macchiato dai numerosi bicchieri di vino o di birra che vi erano stati posati sopra e ogni tanto un donnone col grembiule bianco passava lo straccio goffamente lì sopra per togliere il grosso delle zozzerie che ne infestavano la superficie.
A casa mangiarono le loro pizze in silenzio, Claudio era stanco per i suoi giochi e pure Anna non vedeva l'ora di infilarsi sotto le coperte, avvolta in un limbo morbido morbido.
Era contenta per la giornata passata con suo figlio, era da più di due anni che non uscivano così tranquillamente assieme, da quando suo marito...

2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

... aveva scoperto di essere sterile.

21 febbraio, 2006  
Blogger doyle said...

ma va cagher va, allex.. tsè tsè.. manchi di fantasia! ah ah

22 febbraio, 2006  

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