venerdì, maggio 30, 2008

qui non siamo chiari, per niente. non è ciò che vuoi, non ti va bene, non sono corretto. ma intanto cambi idea ogni ora, dici tutto e il contrario di tutto ogni volta che apri bocca ma soprattutto rivendichi aspettative che poi preghi non esistano realmente perchè in questo momento non si potrebbero soddisfare.
ma allora, capiamoci.
perchè quella cazzo di possibilità, l'unica che potrebbe non portarci a scannarci ogni giorno, non la vuoi considerare? sai che è la soluzione, no?!
ma hai una cazzo di testa dura e non ti vuoi proprio schiodare dalle tue posizioni.
e poi non parli, dio quanto odio quando non parli, o ancora peggio quando fai come la DC: parli tanto ma non dici un cazzo.
smettila, sii chiara, o dimentichiamoci che ci guadagnamo tanto in tranquillità.
tu soprattutto.
sei instabile.
ma proprio quando fai le faccette e contorci la bocca socchiudendo gli occhi

giovedì, maggio 29, 2008

a chi so io

e mi fa ridere la tua arroganza
con cui facilmente ostenti te stessa.
ma così ti rendi ridicola,
non più intrigante
e tanto meno superiore.
un consiglio ce l'ho per te:
smettila di crederti ciò che non sei
o rimarrai sola e infelice.
come ora.

mercoledì, maggio 28, 2008

già, non scrivo. eppure di motivi ne avrei. sono incazzato, sono felice, sono triste, vago tra il pieno e il vuoto che caratterizzano la mia vita di questi giorni.
e ho una vita movimentata, devo dire..
la mattina mi sveglio e ho sempre qualcosa a cui pensare, su cui riflettere. ogni mattina. e così per tutto il giorno.
ma tutto ciò che scrivo, tutto ciò che avrei voluto mettere sul blog, lo cancello perchè lo trovo inutile, stupido. e so bene il motivo; è semplice dopotutto.
ciò che scrivo non mi caratterizza, esce da me svuotato di ogni sentimento, come se non mi appartenesse e quando lo rileggo mi sento insoddisfatto e mi abbatto perchè ho fretta. mi metto da solo il fiato sul collo, vorrei essere di nuovo in grado di scrivere in un certo modo, anzi di pensare in un certo modo. ma non c'è niente da fare, me la devo metter via perchè, me lo ripeto mille volte, quella persona non esiste più, è un vago ricordo riposto nel mio cervello che non mi dà pace.

martedì, maggio 20, 2008

nel sogno sono su un prato verde e mi sto guardando attorno perché tira un gran vento e la mia maglietta è troppo leggera; cerco un riparo. a una distanza non molto definita vedo un gruppo di case verso cui comincio ad incamminarmi a passo sempre più spedito finché non comincio a correre, voltandomi di continuo a tenere d'occhio il cielo grigio che mi insegue. le porte delle case sono tutte in legno, sbarrate, come se qualcuno se ne fosse andato da molto tempo. l'intonaco che ricopre i muri è rovinato, screpolato dalle intemperie e non più luminoso come doveva essere in origine. tutto attorno è silenzio.
la casa che scelgo è rossa, saggio la resistenza della porta poggiandomi con la spalla e dopo aver fatto due passi indietro mi ci butto di prepotenza.
l'impatto è potente, la porta schiocca dall'interno ma non si apre. provo a sferrare un'altra spallata ma non serve a nulla. tempesto l'uscio di calci finchè non salta la chiusura, permettendomi di entrare.
nella casa splende il sole, i muri spariscono e davanti a me vi sono tre vie, le osservo.
la prima alla mia sinistra è come se la conoscessi già. riconosco nel suo asfalto, nelle sue linee bianche qualcosa di familiare di già visto, di già vissuto. sono molto attratto da lei, dalle sue sicurezze, ma allo stesso modo sento che lei non mi porterà da nessuna parte, è un vicolo chiuso. lo annuncia un cartello al suo ingresso.
dritto in fronte a me invece s'immerge nella nebbia una via di cui posso vedere solo pochi metri, ma ciò che vedo mi affascina, quasi rapendomi. la sua nebbia mi attira a lei, in cerca di qualcosa che mi faccia scoprire com'è, ma anche come la devo percorrere.
infine a destra una mulattiera, sicuramente una scorciatoia. ma per dove non so. potrei sfruttarla, ma non so a che pro se non a quello di far meno fatica. e questo non basta.
allora mi siedo a terra, con le gambe incrociate ed una mano a reggermi il mento.
mi prendo il mio tempo, penso.
più che indecisione la mia è confusione, devo prestarmi ad essere un baricentro di tre punti quando sono disorganizzato anche da solo, ma tant'è.
oggi è qualcosa di diverso, qualche piccola variazione alla visione delle cose ha prodotto cambiamenti infernali. o paradisiaci, forse.
devo ancora capirlo, ma credo che l'inizio della fine di questo ciclo sia arrivato.. ora dovrò far maturare le scelte e gli atteggiamenti

giovedì, maggio 15, 2008

quelle facce mi scrutano male, me ne accorgo subito. non vedono in me una persona tranquilla, un amico. vedono uno che è diverso da loro, che non pensa come loro, che non ha i loro interessi. uno con la pancia racchiusa da un camicia tirata all'impossibile mi lancia un'occhiataccia che dovrebbe intimorirmi. mi volto verso di lui, comincio a correre e gli schianto una manata sul collo lasciandolo senza fiato, poi gli afferro la giugulare con tre dita e lo guardo dritto negli occhi:
-cos'hai da guardare?-
ha paura, lo sento. vorrebbe rispondermi ma le mie dita non gli danno tregua e comincia a mancargli il fiato. gli lascio un po' di respiro.
-niente stranieri qui- riesce a dire in un secondo di tregua. la sua voce è dettata da una stupida ostinazione.
lo lascio andare, guardo tutti gli altri con aria di sfida e sento la loro paura riempirmi le narici; ho scelto bene, lui è il loro capo e ora mi temono perchè mi sono dimostrato più forte.
mi dirigo al bancone che dista tre passi, ordino una bottiglia di rum,
-il più scadente per favore-
il barista me lo porge dopo aver cercato conferma negli occhi di qualche avventore, io torno dal ciccione con la bottiglia in mano. gliela spacco in testa spargendo schizzi di sangue e alcol tutto attorno, poi mi accendo una sigaretta con un cerino che lascio cadere su di lui.
ognuno ha i suoi modi, giusti, sbagliati, ma sono sempre modi. io ho dei modi di merda, su certe cose. sono infantile, un cazzo di bambino che a volte non riesce ad adattarsi alle cose come stanno, perchè in passato ci si è adattato ed ora sono sette anni che paga, e a volte si ferma a guardarsi. e sai cosa vede? solo botte e graffi e cicatrici. e al bambino non va di farsene altre, cerca di proteggersi e prova a tirare dritto senza volgere gli occhi attorno.
però si può parlare, discutere, ci si può chiarire. il difficile è che gli argomenti da chiarire vanno discussi in due, bisogna dirsi in faccia le cose come stanno e accettare il fatto che un'altra persona le veda in altro modo.
e per questo ci vuole coraggio, mica solo da parte del bambino però.
o sbaglio?

martedì, maggio 13, 2008

il ragazzo si tirò a sedere sul bordo del letto e cercò qualcosa con cui coprirsi per arrivare al bagno. accese la doccia e vi si infilò dentro nonostante l'acqua fosse ancora gelata.
lo scroscio copriva ogni rumore attorno a lui ma sentì ugualmente che lei aveva acceso lo stereo; dalle casse usciva flebile il suono di una canzone che sapeva di già sentito, ma che ora non riusciva ad identificare.
si lavò in fretta e sporse la testa guardandosi intorno per cercare qualcosa con cui asciugarsi.
-posso usare l'accappatoio bianco?- chiese con voce contratta, come se avesse paura di disturbare.
lei non rispose, probabilmente non l'aveva sentito.
ripetè la domanda con un tono un po' più alto, un po' più deciso.
lei entrò e gli porse un largo asciugamano,
-toh, usa questo.-
lui lo prese e cominciò ad asciugarsi i capelli tornando in camera da letto, ancora nudo.
la ragazza fumava una sigaretta seduta sul letto, si era già rivestita quasi completamente. lo guardò.
piangeva.
con una mano si tolse una lacrima dalla guancia e gli abbozzò un sorriso di circostanza.
-ecco, ora non so bene che cosa succeda- gli disse.
-perchè piangi?-
-non è affar tuo. credo sia meglio che tu te ne vada ora.-
lui rimase basito, immobile per qualche secondo.
i suoi muscoli facciali si tesero attorno alla bocca, obbligandolo ad una smorfia.
lei continuava a guardarlo con aria colpevole e con le lacrime che continuavano a rigarle le guance.
-per favore.- i suoi occhi imploravano pietà.
lui tirò l'asciugamano sul letto, prese i pantaloni e si rivestì, con movimenti nervosi e scattosi. non la guardò nemmeno in faccia per la troppa rabbia.
prima di uscire posò un ultimo sguardo di ghiaccio su di lei.
avrebbe voluto mandarla a fare in culo, dare sfogo al suo odio e alla sua rabbia, ma non ci riuscì.
infilò una mano in una tasca e ne tirò fuori un biglietto, lo accartocciò e lo lasciò cadere sulla moquette, prima di tirarsi dietro l'uscio.
è una dura lotta che si rivela ogni giorno più affascinante, ogni giorno più intrigante.
non ero mai arrivato ad un punto simile a questo, così intenso ma allo stesso tempo quasi insignificante perchè ogni parola determina una conseguenza, l'evoluzione del gioco.
e ora siamo al punto zero.
se sarò bravo ne uscirò vincitore, avrò il mio "trofeo" e potrò sfoggiare un maledetto sorriso a duecentosei denti, altrimenti uscirò sconfitto. ma quel che conta è che questa volta è un modo diverso, un modo per crescere, qualcosa che mi porterò dietro e dovrò saper adattare ad ogni frangente.
dopotutto anche qui è necessaria costanza, anche qui bisogna saper tirare fuori il coraggio ed usarlo al momento giusto.
perchè in questo piccolo girare attorno ci si gioca la vita
mai avrei pensato
di poter perdere la testa
per quegli occhiali
e la tua maturità.
ho fatto il passo troppo lungo,
illudendomi di non esser coinvolto
da te, in te.

è sempre forte, il dolore,
se provocato da moti di cuore.
e i tuoi capelli biondi
ogni giorno mi svuotano
il petto e colpiscono lo stomaco
lasciandomi a terra straziante,
per così poco

giovedì, maggio 08, 2008

oggi ho riletto delle cose, cose mie scritte tempo fa, quasi in un'altra vita. cazzo ero bravo. adesso non è che voglio vantarmi o elogiarmi o chissàchè, però mi piace ciò che ho scritto. e mi piace davvero.
sapevo usare le parole, le virgole e i punti. sapevo metterle assieme ed unirle in periodi ben più lunghi dei periodi che uso ora e lo facevo divertendomi.
ho creato delle storie insomma. o meglio dei pezzi di storia, perchè poi come al solito non ci ho lavorato più, li ho lasciati lì a marcire e ad aspettare, cosa non so.
comunque sia sono contento perchè ho rivisto me stesso prima del medioevo, del mio medioevo personale e per quanto io possa odiare quel me stesso ho finalmente potuto ricordare che qualcosa di positivo c'era.
non è la felicità, ma è un passo avanti
il mio modo di vedere le cose distorce la realtà ormai. devo riprendere contatto con ciò che è e ciò che non è. anche se mi fa sbroccare, se mi spinge il cuore sulle costole facendolo sfregare e liberare sangue, anche se non è come voglio che sia.
devo accettarlo perchè bello o brutto è così e io ci vivo dentro.
quindi me lo dico ancora una volta e che sia l'ultima:
smettila Leonardo.

mercoledì, maggio 07, 2008

ciò che mi fa scrivere? la cannabis oserei dire, son due giorni che non fumo o quasi tre e mi ritrovo bloccato, incapace di articolare pensieri di mio gradimento e di buttarli giù, su questo "foglio". proprio non capisco come sia possibile, fumare mi rincoglionisce, ne ho la certezza. eppure la spinta disinibitoria è talmente forte da esser fonte d'ispirazione.
sono proprio un fattone. e la devo smettere, devo cambiare anche questo
soffocare sè stessi, è di questo che si parla sempre, no?! beh basta, vomiterò me stesso in faccia a chi mi si para davanti e le condizioni saranno le mie o non saranno
i problemi sono più grandi di chi li affronta.
penso a roma, penso al braccio teso e alla mano aperta, penso al fascismo e all'ignoranza. sembra quasi una ripetizione, fascismo e ignoranza. ma forse fascismo è ripetizione di stupidità.

martedì, maggio 06, 2008

errore, ancora uno

un blocco di parole crea l'equivoco, ma possibile non capirne il motivo? stavolta parlo proprio a te vale. mi dispiace, ho reagito male e il problema è solo mio
voglio ritrovare lo spazio
degno d'un mio sogno,
quel luogo in cui son riposte
le mie speranze
con i sorrisi e le voglie.

ma la porta di quella stanza
è stata murata da paura
e disillusione, da lunghi anni
e molto tempo vissuto
senza alcuna passione.

devo spaccare tutto
per riaprirmi la strada,
ritirare fuori il mio vestito
e tornare chi ero
per diventare chi sarò

domenica, maggio 04, 2008

irradio rabbia questa notte,
uscendo dalla nebbia
come una furia e i pugni
stretti davanti al viso.

guarda i miei occhi,
vogliono il tuo sangue
e non importa chi tu sia.

oggi cammina lontano
che non voglio vedere facce
ora fermati e guarda l'ora, che ora è?
le otto e trentaquattro.
bene, è tardi?
no.
ecco, stampatelo bene in testa: non è tardi.
cazzo

pensiero post pomeridiano

anzi no, ci ho ripensato. insoddisfatto un cazzo, la devo smettere.

pensiero di metà pomeriggio

insoddisfazione, è di questo che parlo.
il suo sapore è agrodolce.
da un lato fa male perché riporta ai propri errori, ma dall'altro è una nuova apertura al mondo e la possibilità di aprire strade fino a poco tempo fa credute irraggiungibili.

sabato, maggio 03, 2008

pensieri soffocati

prurito fastidioso su tutto il corpo,
è una rabbia che trapassa violando la pelle
e mi da carica, voglia di muovere
e ancheggiare su un allegro andante
nuvolari, col suo ritmo frustante
e il mio sorriso finalmente sciolto.

anni che sono passati
di movimenti estremi oramai
noti con quella compagnia
che era sempre la stessa,
ma era come fosse nuova ogni giorno.

il giorno non era più giorno
ed ora non ci vuole più tornare,
che il suo posto è nella notte
e in quel mattino presto
che è uno sforzo non vedere più

bla bla bla

vivere la solitudine a ritmo, con una canzone di sottofondo che è sempre la stessa, come te. ma come te si evolve e da sola, poco a poco, non sembra più lei. ma lo è, è lei come tu sei tu. e da te non ne esci, non scappi.
ma se vuoi un po' cambi.
ma lo devi trovare in te, nella tua solitudine, il coraggio per farlo.
perchè è facile dirlo, facile volerlo, ma quando allo specchio ti ritrovi di nuovo faccia a faccia, allora non è detto che tu sia in grado di accettarti nuovo come sei.
perchè magari ora ti fai ancora più schifo

venerdì, maggio 02, 2008

il giardino sul retro riluceva di colori primaverili messi in risalto da un bollente sole di metà pomeriggio; persino le piante grasse, ben esposte alla luce, sembravano soddisfatte dopo un lungo periodo invernale di cielo sempre grigio.
nel bel mezzo del verde era piazzato un lettuccio da mare su cui era disteso valerio, un ragazzo di vent'anni o poco più, i capelli riccissimi impiastricciati da litri di gel tanto da sembrare liquidi e la birra nella mano destra. con l'altra reggeva in piedi sul petto un libro, una dramma francese dell' 800 in edizione economica con la copertina blu e il titolo scritto a stampatello nero.
valerio prese un altro sorso e ne approfittò per alzare gli occhi dal libro e dare un'altra occhiata attorno: un paio di uccellini svolazzavano fermandosi di tanto in tanto su un ramo del noce, l'albero più alto e più vecchio del giardino.
il romanzo non lo affascinava; inizialmente gli era sembrato ben scritto, ma nel proseguire, la storia, prendeva delle svolte noiosamente ripetitive, lasciandolo agonizzante nel tentativo di tenere aperti gli occhi.
dopo altre due righe tornò a sbirciare il movimento delle foglie sospinte qua e là da una leggera brezza.
i suoi occhi sorrisero, che bella la primavera!
per terra, al suo fianco, era sdraiato amedeo. anche lui leggeva e a giudicare da quanto era assorto si può dire che il suo libro fosse migliore.
valerio gli poggiò la lattina di birra ghiacciata sui capelli cortissimi, in modo da staccarlo un attimo da quelle pagine; i due si scambiarono un sorriso, amedeo si tirò a sedere e accese una sigaretta, buttando il pacchetto quasi vuoto sull'erba.