mercoledì, aprile 30, 2008

l'omino si tirò in piedi spazzando con una mano il cappello, se lo pose sulla testa e riprese a camminare, come se nulla fosse successo. i suoi occhi striminziti, che sembravano enormi dietro le spesse lenti degli occhiali dalla montatura quadrata, scrutavano tutt'attorno i volti dei passanti che a loro volta lo guardavano con aria di scherno. l'omino, che sembrava una talpa tanto era miope, affrettò il passo imbarazzatissimo. in mano teneva una cartella in cuoio marrone che doveva essere ben lucida prima di finire per terra con lui. se la strinse al petto ed imboccò la via dei negozi, illuminata di giallo da lampioni in ferro nero posti su un unico lato della strada. qualche coppia camminava mano nella mano soffermandosi di tanto in tanto ad ammirare qualche vetrina, mentre alcuni bambini, tenuti a freno dai genitori, cercavano di sgattaiolare qua e là alla ricerca di nuovi amici.
l'uomo passò diritto, sempre costeggiando il muro e controllando con gli occhi chi gli si avvicinava. cominciarono a sudargli le tempie e il labbro inferiore, dal lato sinistro, prese a muoversi con dei piccoli scatti regolari che dopo qualche minuto facevano oscillare l'intera bocca.
ad un tratto si fermò davanti ad una porta che recava alcune targhe in ottone su cui erano incisi nomi di notai ed avvocati. attese un po', come fosse indeciso, ma poi finì per premere un bottone del citofono.
la targhetta recava la scritta:
sentirsi in equilibrio instabile, con un piede ben piantato su una tavoletta di legno appesa a due fili, mentre l'altro è sollevato, nel vuoto. al di sotto un fiume le cui acque gorgheggiano nelle rapide. ai lati strapiombano le pareti di una gola, sopra solo chiome di alberi tra le cui verdissime foglie scintillano piccoli abbagli di sole.

martedì, aprile 29, 2008

oggi è uno di quei giorni in cui ogni cosa ti piove addosso come grandine, togliendoti il fiato e sorprendendoti senza alcuna protezione. era da molto che non mi sentivo così, quasi un anno ormai, ma il ritorno di questa sensazione mi riporta vividi alcuni ricordi che bucano il cuore; perdo battiti, di minuto in minuto, tutto è sfuocato e poco mi è d'aiuto.
cerco una mano, un'ancora, un appiglio e non so se quelle che vedo attorno a me le posso realmente prendere senza peggiorare la situazione.
malinconico.
dentro me solo nuovo vuoto,
nuova nebbia.
sono circondato da una cortina di ferro
che permette a poco di entrare
e a nulla di uscire,
sono solo.

lo siamo tutti,
ma non è bello da pensare
o facile da accettare;
almeno,
per me non lo è.

allora non mi resta altro da fare
che affrontarmi,
non posso più scappare da me,
sono grande ormai, no?!

non lo vorrei,
l'ho deciso anni fa.
e tornare su quel pensiero
è riaprire ferite e tagli
che ho cercato di tenere lontani
dalla memoria del mio passato,
vuol dire riportare in vita
ciò che è morto

la democrazia. e chi ce l'ha

la confusione regna nella mia testa, mi vorrei esprimere ma non riesco a trovare una via, a proseguire discorsi iniziati. sono in difficoltà, qualcosa dentro me vorrebbe esplodere e mostrarsi in tutta la sua forza ma barriere che mi appartengono ma che non conosco glielo impediscono con tutte le loro forze.


sono incazzato nero oggi, alemanno ha vinto le elezioni a roma grazie a quello stupro capitato giusto quando gli serviva recuperare voti a suo favore. ma così è facile, la vittoria gliel'ha data la stampa, non le sue idee politiche.
ora stiamo messi proprio bene.. il sindaco della nostra capitale è fascista e non lo rinnega e il nostro presidente del consiglio si accompagna abitualmente a personaggi che notoriamente ammirano il duce; credo che mi toccherà camminare per le strade inneggiando a mussolini tra qualche anno.. o peggio a berlusconi. merda.
ma quello che mi fa più paura è ciò che succederà nelle strade di roma, dove già adesso le squadracce fasciste lasciano la loro scia di aggressioni a suon di sprangate e coltellate: 200 agguati in un anno, persone morte o all'ospedale, macchine bruciate da molotov. tutto questo e nessuno dice nulla, non una notizia nè una parola di rimprovero dall'alto, come se non fosse mai successo nulla. e noi saremmo un paese antifascista?
il fascio non è morto, sembrano discorsi usciti dritti dritti dagli anni settanta e invece appartengono al nostro presente perchè nessuno ha chiuso quel discorso.
il 68, gli anni di piombo, gli attentati, i nar, l'omicidio moro, l'omicidio di pasolini e le stragi dei giudici falcone e borsellino; mani pulite. ma anche piazza fontana, la stazione di bologna, le brigate rosse. la mafia. la p 2.
tutto questo è ancora aperto, nessuno ha voluto chiudere questo capitolo della nostra storia perchè finchè non è chiaro come siano andati realmente i fatti, si può far credere alla massa che le cose sono andate in un altro modo.
dio, che rabbia! mi sento impotente di fronte a tutto questo, vorrei riuscire a trovare un modo per reagire e combattere ma non so da cosa partire, da dove cominciare e allora mi prende la voglia di fuggire, di cercare un paese che mi lasci libero, che non cerchi di controllarmi in ogni mio spostamento, come fossi un potenziale criminale.

domenica, aprile 27, 2008

oggi riflettevo sulle personalità in generale e sulla mia in particolare.
ero li che la cercavo, aspettavo che venisse fuori da me e si mettesse a dire cose come "eccomi qua" oppure che salutandomi prendesse la mia mano e la stringesse vigorosamente affermando di essere contenta di fare la mia conoscenza; ciò mi avrebbe reso felice, dopotutto avrei saputo di possedere una forte personalità ma
ovviamente ciò non è successo e io sono rimasto ad attendere invano.
poi pian piano ho visto la luce.
c'era un tipo, seduto al tavolo con me, che si atteggiava da professionista con gli occhiali sempre calati sugli occhi, una giacca da completo nera e frasi sparate qua e la come bombe. tutte cazzate, o quasi, ovviamente.
era una perfetta caricatura.
ho cominciato a chiedermi se la sua fosse personalità reale, in quel caso l'avrei visto come una persona decisamente triste, oppure se il suo fosse tutto un bisogno di atteggiarsi e diventare una copia di qualcosa che non è.
dopo un paio di minuti di riflessione ho deciso di optare per la seconda possibilità. questo non lo rendeva di sicuro meno triste ai miei occhi, però la sua necessità di dimostrare di essere qualcuno mi ha portato a questo ragionamento: se lui ha talmente tanto bisogno di costruire una figura di sè da farlo in questo modo, allora io che non ne ho l'occorrenza ho più personalità. io so essere me e so cosa sono (si ok, non mi conosco per nulla, ma almeno un'idea superficiale di come sono ce l'ho), perchè questo, che ogni tanto biascicava in un inglese da far west frasi tipo hircomdflop, non può esserlo?
risposta
perchè ha paura.
anch'io, ma almeno in questo non mi nascondo.

mercoledì, aprile 23, 2008

il tempo

sono seduto davanti ad un fiume che scorre veloce tra le due sponde naturali di rocce e terra rossa. l'acqua è scura, torbida. l'acqua pura è già passata da qualche tempo, me la sono lasciata sfuggire abbagliato dalla bellezza di questo luogo senza tempo in cui tutto si modifica ma allo stesso tempo rimane intatto. tutto qui si è evoluto ed è cresciuto al mio stesso passo.
ma io sono rimasto sempre qui.
allungo gli occhi alla mia sinistra, incoccio in un raggio del sole che tramonta al di là delle montagne e con una smorfia mi sposto dalla sua traiettoria ad osservare la canoa. è bianca, appare logora un po' qua un po' là; non sembra poter reggere il viaggio che la attende. continuo a fissarla e dentro me scoppia l'odio.
per me stesso.
perchè ho lasciato che quella dolce acqua diventasse un miraggio e non ho curato la mia salvezza, la mia canoa.
però sono ancora qui.
anche se rifletto su tutto questo rimango ancora seduto, con le gambe incrociate e i gomiti poggiati su di esse a reggermi la schiena curva e indolenzita. sono affaticato, deperito.
improvvisamente il malumore si fa più forte, non mi stritola solo al centro del petto ma si allarga anche a gambe e braccia.
non ce la faccio più, mi devo ribellare; cerco di piegare un po' le dita di una mano ma trovo resistenza da parte delle mie membra atrofizzate. miglioro sempre un po, ora dopo ora, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana il mio corpo si riprende, riguadagna le sue fattezze naturali e torna a vivere.
il cielo si illumina e si oscura passando dalla mattina alla sera e così via, ma io riesco a muovermi finalmente! quasi mi posso alzare.

domenica, aprile 20, 2008

ciò che mi dà

prima, in macchina, pensieri.
fumosa stanza con le pareti ricoperte da assi di legno, il soffitto bianco, un tavolo e delle sedie attorno. le sedie sono nove come nove siamo noi.
siamo lì da un paio d'ore, la partita comincia a prendere il via e le puntate aumentano mano dopo mano, i piatti si fanno più grossi, entrano sempre più soldi in gioco.
la mia serata è iniziata discretamente, con un paio di mani piccole e una vittoria grossa mi sono portato all'incirca a 30 euro in chip.
stiamo giocando a texas hold'em, cash game no limit: non c'è limite di puntata e chi esce, se paga, può rientrare fino all'infinito.
spillo le carte, sono quinto o sesto a parlare, la pupilla mi si contrae e si dilata;
Q Q.
fiori e cuori.
carte buone, tocca a me, rilancio fino a due euro.
le mani fremono, gli occhi mi cercano provando a trovare un segno un'espressione un gesto che suggerisca il motivo di quella puntata. sento i loro sguardi su di me ma non cedo, guardo quello alla mia destra, ora tocca a lui.
passa, come il seguente, come tutti gli altri escluso lo small blind. lui mi guarda, giochicchia con le chip e poi mette i due euro; non sembra troppo infastidito.
rimaniamo solo io e lui, ci studiamo.
le tre carte del flop, sono 9 k 2. tutte e tre di fiori.
tocca a lui parlare, riflette un po'. si vede che quei tre fiorellini non gli piacciono e decide di fare check, la parola va a me. io intanto ci faccio caso, lo guardo ma non so bene cosa possa avere. allora comincio a costruirmi una strada, un percorso, un'idea.
penso che se lui avesse un fiore, come me, mi potrebbe battere solo con l'asso. penso anche che con le mie carte ho la possibilità di chiudere un punto vincente all'incirca una volta su tre.
penso che sarebbe bello se una delle prossime due carte fosse l'asso di fiori.
penso che lui potrebbe avere il k e decido di metterlo alla prova: scorro rapidamente le mie chip, cerco di contarle al volo e di capire quante posso arrivare a metterne nel piatto ora e quante nelle due tornate di puntate successive. decido.
la mia mano posa dolcemente ma con sicurezza 5 euro nel piatto.
lui parla.
- cosa puoi avere?- mi apostrofa.
-un k? non credo. magari punti al colore.- mi guarda.
insicurezza quella che gli leggo negli occhi?
a sua volta copre la mia puntata con 5 euro.
il mazziere poggia sul panno verde un'altra carta, un 8 di picche.
sento il mio labbro inferiore scivolare in una impercettibile smorfia di disappunto.
lo guardo. check, di nuovo, mi lascia parlare.
penso che devo andare avanti così, ho deciso che lui non ha colore e se punta ad averlo non può battere il mio. ha un k in mano, ora lo so.
penso che siamo in un tavolo costituito da nove persone e qui i punti chiudono con maggiore probabilità. penso che ci sono ancora due Q e sei o sette fiori che mi permetterebbero di battere il suo k.
allora altri 5 euro.
lui mi guarda, ora tituba seriamente, sto puntando forte per i nostri standard, non è torneo, sono 5 euro che mi gioco per davvero.
tituba ancora un po', mi guarda, è in difficoltà.
farfuglia qualcosa, qualche "potrebbe essere che hai già colore" o "che ci puoi avere?". giunge alla conclusione che ce li deve mettere.
si gira la quinta carta, Bloody River.

la carta non è un fiore, me ne accorgo prima ancora che venga girata del tutto; sento già la disperazione assalirmi quando la vedo.
ma è la terza dama, la Q di quadri.
tiro il collo inclinando la testa ora da un lato, ora da un'altro. fossimo ad alti livelli qualcuno avrebbe potuto rilevare la mia tranquillità da quel gesto. ma lui no.
check. ancora. è stato il suo errore, lasciare che guidassi io il gioco, che lo costringessi a mettere nel piatto i soldi che Io volevo mettesse.
sento uno che dalla mia destra mi dice:
-altri cinque euro adesso?-
non lo guardo nemmeno, ho gli occhi fissi sul viso del mio avversario perchè mi voglio godere la sua sconfitta, voglio registrare nella mia mente ogni singolo gesto di disperazione quando si renderà conto di cosa è successo.
guardo le mie chip, non penso nemmeno, so già cosa devo fare.
10 euro.
spostando i soldi, per un attimo mi assale il dubbio di aver sbagliato a leggere la sua mano, ho paura di due fiori che potrei non aver calcolato.
ma non è così, lo so.
tituba, riflette, si contorce.
le sue mani fremono sulle chip e con incertezza le spostano al centro del tavolo.
sto quasi per girare le carte, quando lui mi stupisce. è sicuro di aver vinto, mi guarda sorridente e, girando le carte, dice:
-io ho la coppia più alta- e così dicendo gira un k di quadri, -con il kicker più alto- e scopre un asso di cuori.
-non credo tu possa avere più di me, non hai colore.-
mi prendo il mio tempo, come ad assaporare tutti i miei meriti.
-infatti- sorrido.
lui le vede e le sue spalle si abbassano, gli occhi si tirano e il gargarozzo va su e giù nell'ammutolimento generale. mastica asciutto, un po' di saliva giunge in suo aiuto, l'intero viso si muove per il disagio.
con calma raccolgo le mie chip, sorrido e sento dentro di me l'adrenalina sfondare ogni resistenza facendomi vibrare.
ho vinto, ho fatto una gran giocata.
di più, ho capito lui e l'ho domato. nessuno me lo può togliere.

sabato, aprile 19, 2008

parlare e sparlare

la gente parla, lo fa sempre e lo fa da sempre. e lo faccio anch'io, entro nei discorsi e magari mi lascio trasportare fino a svelare o farmi svelare cose che è meglio non dire per la loro inutilità, perchè non son vere o perchè non mi riguardano. non capita spesso, ma capita. e così è successo in questo caso, mi son fatto dire cose che dovevo chiedere a te e poi, come il primo dei coglioni (e scusa le frequenti volgarità ma escluderle dal mio linguaggio è una dura lotta con l'abitudine, giuro che ci lavorerò), te lo son venuto pure a dire, così. quello che vorrei è che non t'incazzassi con quella persona anche se ha detto falsità, dopotutto ha solo parlato su mia richiesta, quelle falsità me le sono andate a cercare io e lei non avrebbe assolutamente parlato di te senza la mia insistenza. ho cercato di sapere qualcosa su di te non da te ed è questo ti dovrebbe far incazzare, il fatto che non sia stato onesto con te e che non abbia indagato di più parlando con te anzichè con altri.
è per questo che mi sento in colpa e questo mi fa rodere per averti fatta irritare, scusa.

ora come al solito devo scappare, la situazione sta diventando sempre meno tranquilla in questa stanza.
un bacio

mercoledì, aprile 16, 2008

Oggi ho sbattuto contro ai miei limiti. ho provato a scrivere una "poesia", insomma una cosa non necessariamente con le rime e tutto il resto, ma che sgorgasse da me e come una tempesta lasciasse il suo segno.
ma non sono riuscito a creare nulla.
qualche anno fa, un periodo che mi sembra lontano anni luce ormai, scrivere parole in versi liberi era uno dei miei sfoghi più usuali. niente rime, non necessariamente un senso. non ho mai avuto il coraggio o l'ardire di chiamarle poesie, ma erano in qualche modo l'espressione di me. uscivano una dopo l'altra dalla mia mente, parola per parola, svuotandomi pian piano delle mie apprensioni e della mia rabbia. potevo raccontare la conseguenza di un dolore descrivendo qualcosa di reale come il cadere di una foglia o magari riuscendo ad astrarre le mie emozioni e i miei pensieri.
oggi invece sono fermo, impassibile davanti al pc. è come se non fossi ancora rientrato totalmente in me stesso, come se non fossi ancora pronto. ho ripreso a scrivere da quattro giorni ed è come se provassi a fare il passo più lungo della gamba; le parole escono a singhiozzi e non sono collegate a nulla, come se dentro di me dominasse il marasma. e probabilmente è così.
sto rimettendo ordine, ci sto provando. non sai cosa vuol dire per me essere riuscito a rimettermi a scrivere.
non avevo più motivazioni, non avevo a chi far leggere cosa scrivevo. con gli amici ho un rapporto totalmente diverso, che raramente tange la scrittura perchè ho sempre, o quasi, avuto remore a mostrare me stesso da quel lato, a far leggere ciò che tiravo fuori.. e intanto il tempo passava e io non scrivevo, ma poi... "hhhhh... finalmente un po' d'aria". grazie.
il prossimo passo, quello che mi riporterà da me stesso, sono in procinto di farlo ma non sono ancora pronto..
per ora i versi dovranno attendere.
ma ci riproverò, proverò a liberarmi dal peso di me stesso.
e grazie, ancora.

martedì, aprile 15, 2008

divagazioni

Il mio primo viaggio, o comunque quello che voglio fare di più, è diretto in Scozia, nelle terre da cui proveniva connor macleod, l'ultimo immortale, nelle brughiere in cui william wallace, impersonato da mel gibson in braveheart, portava il suo popolo alla libertà dando la sua stessa vita. voglio poter stare in quel cielo che immagino grigio con una strada tutta sgarrupata che si snoda stretta e tortuosa tra i colli delle highlands, circondato da prati sconfinati e verdi, ma di quel verde scuro ma vivo qua e là interrotto da uno sperone di roccia. arriverei fino all'oceano e dall'alto di una scogliera fisserei l'infinito schizzato dallo schiantarsi dell mare sulla terra.
se ne avessi la possibilità ci andrei in macchina tagliando l'europa del basso all'alto, infilandomi in quel prodigio di tunnel che passa sotto la manica e sbuca dall'altro lato, in inghilterra, da dove continuerei sempre verso nord: una risalita.
andrei con solo un amico, l'ammerda. non tanto per la comodità del fatto che si userebbe la sua macchina, cosa di cui sarei felice perchè ho troppi bei ricordi legati a quella punto nera che ci ha scarrozzati ovunque per roma agli orari più impensabili, quando si andava alle quattro di mattina da mario il polpettaro a mangiarsi una polpetta grossa come un pugno a un euro e cinquanta con la pizza bianca che "se ce l'accompagni è la morte sua, sa?!", oppure quando ci ficcavamo a fiano romano per giocare a risiko con michelangelo. ci andrei con lui perchè io un viaggio con l'ammerda me lo devo proprio fare.
io e lui siamo diversi come la fame e la sete, però c'è poco da fare, viaggiamo sulla stessa linea d'onda. siamo usciti assieme tutti i santi giorni, esclusi quelli in cui stavo a treviso, da novembre ai primi d'aprile del primo anno in cui vivevo lì. non c'era verso, io e lui ci si doveva beccare, si faceva qualcosa, da vederci un film a casa mia col computer e le canne girate al buio a uscire con chiunque e in qualsiasi momento. i nostri orari erano spostati, andavamo a letto la mattina, ci svegliavamo dopo pranzo ed eravamo di nuovo pronti a un altro giorno di fuoco, ad un altro giorno da leoni. grande l'ammerda!
comunque questo viaggio me lo farei con lui perchè abbiamo entrambi bisogno di trovare una nuova fiducia, una nuova conoscenza di noi e credo che un viaggio così "l'illuminazione" te la da. non ho mai fatto un viaggio così, all'avventura pura, ma so che se non lo farò entro pochi anni avrò perso l'occasione e sarà troppo tardi perchè sarà tutto diverso, io sarò diverso.

lunedì, aprile 14, 2008

nodo alla gola

che tristezza, la gente si fa fregare e nemmeno se ne accorge. non m'illudevo per carità, però l'amaro in bocca rimane sempre perchè non è possibile che certi stronzi possano continuare a raccontare le proprie cazzate senza che nessuno gli dica A.
oggi siamo entrati definitivamente nel terzo mondo, ma sotto sotto sono contento; tra cinque anni, quando saremo nella merda e questo governo avrà finito il suo mandato, voglio proprio vedere come faranno a dar la colpa delle loro infami ladrate alla sinistra, dopo che in dodici anni saranno stati al potere per dieci.
e lì mi divertirò a guardare quegli ignoranti che li hanno eletti e se la saranno presi in culo come me e come te e gli riderò in faccia perchè saremo nella stessa merda, ma la colpa ce l'hanno loro.
te lo dico, vale, io non volevo proprio votare, volevo evitare il mio contributo a questa macchina imperfetta che è la nostra "democrazia", non volevo esserne complice e legittimarla. ma stamattina proprio non me la sono sentita, ho fatto un fugone a votare, a mettere un'anima in più tra quelle che sperano che non si possa essere governati da un tappo mafioso ladro e piduista con la tessera 1816, fottutamente arrogante. ma purtroppo siamo un paese di allocchi che guardano la carota appesa al filo e non si accorgono che due passi in là c'è il burrone cazzo.
sono frustrato, sono incazzato nero, ma come si fa?
il mio manuale di retorica dice che per convincere un gruppo di persone medie è sufficiente portare un esempio a favore della propria tesi per far si che questa venga presa per vera. un esempio. e non deve essere necessariamente vero, basta che sia verosimile, ovvero basta che a queste persone sembri una possibile verità. anche se è una cazzata.
ma ti rendi conto che basta questo a convincere la massa? e la nostra stampa, i nostri giornalisti non ci difendono, non contestano, non ci informano. e le cose o ce le cerchiamo da soli (e questo succede forse e dico forse al 10% delle persone), o non le sapremo mai. così va avanti il paese.
e c'è ancora chi ce l'ha con prodi perchè ci ha portato nell'euro. ma cazzo, non si rendono conto che se fossimo ancora in lire ora ci ritroveremmo col culo per terra?
ed è tutto così, nessuno sa uno stramaledetto cazzo.
basta, sono stufo, vado a letto e spero di riuscire a dormire tranquillamente, non mi voglio agitare nel sonno, non voglio aumentare le mie frustrazioni.
dopotutto lo sapevo già.

deliri e bagordi

trovarsi faccia a faccia con le persone. bello, ma c'è un vetro tra te e loro, non sei proprio davanti. sei protetto.
puoi fare quello sicuro, quello che sa cosa vuoi e cosa vuole, sa dove metterti e tu lo ringrazierai per questo. a volte è proprio lui che ti infila nel buco, ti permette di stare vicino a delle persone e tu non aspettavi altro, solo un po' di compagnia. a volte si può fare gli splendidi con le ragazzine le ragazze le signore le sigorotte, tanto si è dietro ad un vetro, protetti.
stare lì distorce i tuoi modi di essere nella vita reale ma allo stesso tempo permette di vedere le persone da un altro punto di vista, un po' più da vicino forse.
arrivano stressati tutti quanti, mezz'ora di coda per fare ogni cosa, ma lo vedi subito che non sono ancora pronti, non sanno cosa devono dire, hanno paura di sbagliare oppure credono cose sbagliate ma tu sei dentro e sai tutto, hai una visione più completa nemmeno accennano ad una frase che tu sei già lì, pronto ad interromperli e ad intrometterti. e ti diverte guardare la loro faccia quando capiscono che tu sai già di cosa vanno in cerca e li precedi. e questo li fa sentire insicuri, scoperti. sono tutti un po' spiazzati se indovini cosa stanno per dirti, ma in quella situazione è facile per te. per loro no. allora strabuzzano gli occhi, li spalancano e aspettano una spiegazione, ma dirgli di quel particolare dettaglio svelerebbe te e i tuoi segreti. e questo ti riporterebbe in pari, perderesti la tua possibilità di comandarli, di muoverli. sciuperesti così l'occasione di mostrarti superiore nell'intelletto.
è tutto un gioco di falsità, se lo sei un po' di più vinci, ma se lo sei troppo allora no, allora torni ad essere nessuno.
hai capito di che parlo vale, o no?!

domenica, aprile 13, 2008

hhhhh... finalmente un po' d'aria

Cazzo collywood!! ti ho ritrovato perchè qualcuno mi ha costretto a tornare a percorrere la tua strada, io da solo, sfacchinato come sono, non ce l'avrei probabilmente mai fatta, lo sai. ma comunque eccomi qui. volevo tornare a crearti parlando di politica, di una discussione fatta con alberto sul voto o non voto alle elezioni, ma non è il caso; non sarebbe a modo mio.
se scrivo io scrivo ciò che mi passa per la testa, non amo raccontare cose che ho già vissuto.
via giù tutto di getto, se non di rigetto per quanta rabbia ho dentro.
due anni quasi, come da quei mondiali vinti a Monte Mario, ROMA, che hanno lasciato il segno non solo qui ma anche nella mia vita. perchè quelli sono stati mondiali, ma nella mia storia entrerà ciò che ho vissuto tra quelle mura: le partite a PES con le canzoni dei cartoni o de andrè, gli airesis, bruno e il video musicale di quella cazzo di canzone dedicata a provenzano, ulisse e il suo mondo, la sua camera, un letto che è stato anche mio, sebastiano e le birre alle due di notte quando ti sei appena messo a letto e sei li che dici no, speriamo che non s'affacci, allora chiudi gli occhi e aspetti; ma poi senti i passi, tintinnio di bottiglie di birra ghiacciate e.... Leo? ma sei sveglio?... e sei fregato, perchè li sai che non ti addormenterai fino alle sei di mattina mezzo ubriaco e con i bronchi e i polmoni e la gola e, tutto rovinato dalle troppe sigarette.
essì che ora non fumo.
nico, anche lui stava con noi a Monte Mario, Roma, non ci credeva proprio che avrei smesso, e invece.. eppure gliel'avevo detto pure io:
-Ma che cazzo fa uno quando non fuma?-
Già, che cazzo fa.
lui mi ha guardato basito. non si aspettava di certo questa domanda, ma effettivamente dare una risposta non era una cosa che si poteva fare lìpperlì. bisognava rifletterci.
io non fumo da non so più quanti giorni, comunque era il ventuno febbraio, ero fuori dal cinema e ho scroccato una sigaretta. l'ultima, ma ancora non lo sapevo. e questo mi ha fatto smettere. mi ricordo che è l'ultima, quindi è particolare, ma quando l'ho fumata non pensavo lo fosse.
comunque sia ancora non ho capito cosa cazzo fa un non fumatore quando non fuma. bo, forse pensa. io ascolto musica. e penso.
che fastidio poi non poter fumare in camera di bruno. l'unica stanza in tutta la casa in cui la sigaretta era tassativamente vietata, nonchè l'unica stanza mediamente pulita. ricordo ancora l'odore del copriletto su cui ci stendevamo a gustarci i dvd della videoteca in cui lavoravamo un pomeriggio a testa per pagarci le bollette. quanti film!
mi ricordo che ulisse era fissato con v per vendetta. quando gli ho detto che non l'avevo visto ha fatto una faccia tipo la mia quando mi dici che non hai visto i blues brothers.
stupore. meraviglia.
mi fermo, e non capisco. dopo cinque secondi di paralisi farfuglio un "ma come?!" e poi ti aggredisco:
-Devi vederlo!-
e ulisse m'ha fatto così. ma io l'ho visto solo quest'anno qui a casa.